Cala il consumo di benzina, crescono GPL e metano. E sono 3mila i distributori a rischio chiusura

In 5 anni (dal 2009 al 2014) il consumo di benzina è calato del 27% a fronte di una riduzione di più di 2 milioni di auto circolanti a benzina e di un ulteriore calo dei consumi di quasi il 21%.

I numeri sono da attribuire probabilmente alla crisi economica che ha portato ad una diminuzione dei consumi anche del gasolio, mentre GPL e metano sono in crescita esponenziale: +117% in 10 anni.

Forse è anche una nuova coscienza ecologica che spinge all’acquisto di vetture meno inquinanti, spinte anche dalla più ampia scelta di motorizzazioni messe a disposizione dalle stesse case automobilistiche. Tuttavia è bene ricordare che il 59% del parco auto circolante a benzina è Euro 0, Euro 1, Euro 2 e Euro 3 e queste auto potrebbero ridurre il loro impatto ambientale ricorrendo alla trasformazione a GPL o a metano in after market, nella quale il nostro Paese eccelle nel mondo.

Ed infatti sembra questa la nuova via che stanno percorrendo gli automobilisti italiani: sono circa 3 milioni i mezzi a GPL e metano e crescono anche i distributori stradali (circa 1.050 per il metano e 3.650 per il GPL) con l’Emilia Romagna in testa sia come numero di auto con combustibili alternativi, sia come percentuale di vetture circolanti, il 17,9%.

Seguono Marche (16,7%), Umbria (10,9%) e Veneto (10,2%), mentre in termini assoluti la seconda regione con più autovetture a metano e GPL è la Lombardia, seguita da Veneto e Campania.

Purtroppo, però, i distributori di benzina convenzionali soffrono molto il calo delle vendite, soprattutto quelli delle autostrade che sono molto numerosi (in media una ogni 28 Km) e quindi poco redditizi, considerando che le royalties sui prodotti venduti che le società petrolifere devono pagare a quelle autostradali sono spesso altissime.

Sono 300 le concessioni di aree di servizio autostradali in scadenza che, a fronte di un calo del 54% sulle vendite dal 2007, non stimolano di certo l’interesse per il rinnovo da parte delle compagnie petrolifere.

Come se non bastasse, sulla viabilità ordinaria, ci sono altre 3.000 stazioni a rischio chiusura che sono state considerate non “compatibili” con i principi di sicurezza stradale sanciti recentemente nell’accordo tra gestori, Assopetroli e Unione Petrolifera.

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